I romanzi di formazione del designer

Qui è dove vi propongo i romanzi di formazione del designer, anche se di romanzi non si tratta, anzi, a volte, di veri e propri mattoni! 🙂


Sto partecipando all’iniziativa 15×30 lanciata da FifthBeat che pone 15 domande a 30 designer su temi della formazione, della creatività e della professione. Nella quarta chiedono di individuare 5 libri che ogni designer dovrebbe leggere. Ovviamente 5, per me, non possono bastare e qui vi riporto il mio personale ampliamento in una sorta di percorso formativo ideale 😉

Il Bildungsroman, come genere letterario nasce già con Goethe e uno dei testi forse più famosi della letteratura Sturm und Drang: I dolori del giovane Werther. Il nucleo concettuale, per certi aspetti, è molto simile al viaggio dell’eroe, ma in questo caso specifico, l’evento avverso è i passaggio stesso all’età adulta. Che si tratti di un’esperienza traumatica – come ne Il giovane Holden o La linea d’ombra di Conrad – o semplicemente del fisiologico travaglio che ci porta dalla spensieratezza della fanciullezza alla consapevolezza della maturità, la transizione è spesso segnata da eventi significativi che incidono e plasmano la personalità del protagonista.

A mia volta, ho dei personali romanzi di formazione come designer. Non necessariamente i migliori libri nel settore specifico, ma testi che mi hanno aperto prospettive nuove o permesso di esplorare ciò che già conoscevo da punti di vista diversi. Sono costellazioni che toccano aspetti diversi del design, inteso nel senso più ampio di cultura del progetto e spaziano dall’architettura alla semiotica, dalla tipografia allapercezione.

Architettura e design

Storie dell’architettura ne esistono molte, verticali, trasversali, monografiche come il Frampton [1] o il Giedion [2], ma personalmente ho molto amato una monografia dedicata all’Espressionismo, che offre una prospettiva inedita rispetto alla nascita del Movimento Moderno e del Razionalismo: Borsi, F. & Koenig, G.K. (1967). Architettura dell’Espressionismo. Genova: Vitali e Ghianda / Paris: Vincent, Fréal & Cie. Il libro mostra alcuni dei progettisti proto-razionalisti, come Bruno Taut, o il debutto di altri, come Gropius stesso sotto una luce completamente diversa, legata molto più alle utopie – spesso oniriche, organiche, zoomorfe come le case a chiocciola di Finsterlin– e alle intenzioni di un’architettura che usciva dagli schemi della casa borghese per aprirsi a un ruolo di costruzione sociale.

Credo che la rilettura del XX secolo e delle nostre radici culturali, come designer, passi da due ulteriori testi. Il primo è Maldonado, T. (2013). Disegno industriale un riesame. Milano: Feltrinelli tratto da un saggio del 1976 in cui, tra l’latro, Maldonado ripercorre le tappe dell’evoluzione e dell’eredità del Bauhaus.

Il secondo, decisamente più dissacrante, è Scott Brown, D., Izenour, S. & Venturi, R. (1972). Learning from Las Vegas. Cambridge MA: MIT Press con la copertina di Muriel Cooper (!). Nato dall’esperienza di un laboratorio progettuale sviluppato con i laureandi della School of Art and Architecture di Yale, il libro propone la città di Las Vegas come chiave di lettura dellevoluzione della città – diffusa, caotica, kitsch e non-luogo – e precorre la sensibilità dell’architettura post-moderna ceh chiude idealmente la parabola del secolo scorso.

Comunicazione e (mass) media

Qualsiasi scritto teorico di Umberto Eco. Se vi volete cimentare con uno dei testi fondamentali recentemente rieditato: Eco, U. (2016). Trattato di semiotica generale. La nave di Teseo.  Personalmente ho riletto di recente Dall’albero al labirintoStudi storici sul segno e l’interpretazione e, anche se è introvabile, trovo Il segno –uscito nel 1973 – ancora un grande classico.

Tuttavia, che si tratti di moda, o che realmente certe riflessioni si storicizzeranno ad un certo punto e ci permetteranno di rileggere quanto avvenuto soprattuto nel mondo dei media digitali, direi che non possono mancare: Mc Luhan, M. (1964). Understanding Media: The Extensions of Man. Canada: McGraw-Hill e più o meno tutto quello che ha scritto o che è stato scritto su di lui – come la biografia di Coupland. Jenkins, H. (2008). Convergence Culture: Where Old and New Media Collide. New York University Press e Manovich, L. (2001). The Language of New Media. Cambridge, Massachusetts: MIT Press, anche se è un autore su cui nutro qualche perplessità.

Tipografia e Visual

Per il momento mi limito ai due classici già citati in 15×30 ovvero Bringhurst, R. (2013). The Elements of Typographic Style: Version 4.0. Dublin: Hartley & Marks Publishers e Lupton, E. & Cole Phillips, J. (2015). Graphic Design: The New Basics. Hudson, NY: Princeton Architectural Pr, ma, a breve ci torno in maniera più esaustiva 😉

Percezione e human-centered whatever

Uno per tutti in 100 comode domande: Weinschenk, S. (2011). 100 Things Every Designer Needs to Know About People. Berkley, CA: New Riders, ma vi rimando ai post sui libri già scritti e a un post dedicato.


Bibliografia minima:

  • Frampton, K. (2007). Modern Architecture: A Critical History (World of Art). 4th edition. London Thames & Hudson
  • Giedion, S. (1941). Space, Time and Architecture. The Growth of a new tradition, Cambridge (Mass.) (trad. it. Spazio tempo e architettura, lo sviluppo di una nuova tradizione, Hoepli, Milano 1954)
  • Coupland, D. (2011). Marchall McLhuan. Milano: ISBN Edizioni.

Per approfondire:

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